Marrakech, nella città rossa tra spezie e incantatori
Attenzione, post ad alto contenuto emotivo! Siamo di rientro dal nostro primo viaggio in quattro! Sofia è nata a luglio e finalmente abbiamo varcato insieme a lei i confini nazionali alla volta del Marocco. Colori, profumi, musiche orientali e atmosfere piene e calde ci sono sembrate l’ideale per farle conoscere il gusto di viaggiare. Purtroppo anche un po’ di influenza ha deciso di venire con noi, così abbiamo dovuto rinunciare al giro delle cascate a cui avrei voluto dedicare questo piccolo articolo. Poco male, un giorno in più a Marrakech ci ha permesso di scoprire nuovi tesori in una città caotica ma magica, molto simile alla mia Palermo e accogliente sotto ogni punto di vista. Se deciderete di fare tappa nella città delle spezie e degli incantatori vi suggerisco di prendere un riad vicino al souk, senza sceglierne però uno che sia completamente dentro la medina, per evitare l’eccesso di confusione. Noi, grazie alla perizia nella scelta operata dalla mia amica Pina, ne abbiamo preso uno ai bordi – incredibilmente silenzioso, bello, pulito ed economico – dove ci siamo fermati anche per le colazioni e una squisita cena, preparate dai gestori. La gentilezza di Mohamed e delle sue collaboratrici vale cinque stelle, quindi ve lo segnalo nel caso vi trovaste da quelle parti: Riad Al Wafaa, rou Touareg 77, Marrakech 40000.
Per una siciliana con casa alla Vucciria trovarsi dentro una medina è come non essere mai uscita dal proprio quartiere, quindi mi sono orientata molto bene anche durante giretto fatto da sola, con Sofia nel marsupio. Dopo lunghe contrattazioni sui costi delle erbe e delle spezie ho fatto man bassa di vari rimedi naturali alla farmacia berbera. Qui il proprietario parla anche italiano e sa spiegare al meglio gli usi per ogni medicamento. A questo dedicherò un post ad hoc nelle altre sezioni del blog. Vi consiglio una visita alla farmacia perché l’erboristeria è una delle tradizioni marocchine sulle quali vale la pena di soffermarsi.
Tra le visite da non perdere nella città rossa va sicuramente messa in agenda quella al Palazzo Bahia, opera architettonica del XIX secolo conclusa sotto la supervisione del sultano Abdelaziz Si Moussa. Il palazzo è un vero capolavoro di stile marocchino e riesce a regalare una visita rilassante nonostante il susseguirsi di turisti che vi arrivano. La parte più interessante del palazzo è l’harem delle quattro spose e delle ventiquattro concubine di Abou Bou Ahmed (complimenti a lui!). Va detto che, nonostante il gran numero di amanti, l’uomo dedicò il palazzo a una sola delle “belle”. E infatti il nome del palazzo significa proprio “Palazzo della bella”, la sua sposa preferita. Il biglietto d’ingresso costa dieci dirham, e li merita tutti. Comprendere la funzione di ogni stanza senza una guida che vi spieghi come funzionava il palazzo non è facile. Noi abbiamo deciso di gustarci la bellezza del posto in lentezza, senza comprenderne in effetti il preciso funzionamento. Se avrete modo di farlo vi consiglio, però, di chiamare una guida che possa raccontarvi cosa succedeva in questa maestosa abitazione, stanza per stanza.
Agenda alla mano, segnate anche una passeggiata al Jardin Majorelle, recuperato dalla passione di Yves Saint Laurent per Marrakech. Il giardino è curato in modo perfetto. Ammetto di averne visti davvero pochi così ben tenuti, in giro per il mondo. Al suo interno è possibile visitare anche un piccolo ma affascinante museo delle tradizioni berbere. Non vi sarà difficile comprendere quanta ispirazione abbia potuto trarre lo stilista dagli Imazighen, popolo degli uomini liberi, che usava un intreccio di gioielli, tessuti e colori complesso.
Un punto di demerito lo segno invece al Dar Essalam, ristorante in effetti splendido scelto da Alfred Hitchcok per girare L’uomo che sapeva troppo. La bellezza del posto è indiscutibile, ma il cous cous che abbiamo ordinato è stato il meno buono mangiato in città. Quindi vi consiglio di entrare al ristorante per una visita e prendere magari un thé alla menta. Respirarne le atmosfere ma pranzare altrove, anche se proprio qui la nostra piccola Eva ha detto a papà Totò di avere incontato Alladhin.
Non vi racconto altro perché Marrakech è un posto in cui perdersi e ognuno deve perdersi a suo modo, che sia di fronte a un serpente che danza, nel caldo di un hammam o su una terrazza. Cosa aspettate a staccare il biglietto?